Domenica 8 e lunedì 9 giugno si vota per cinque referendum abrogativi.
4 sono referendum a tema lavoro. Proposti dalla CGIL, vogliono cambiare le leggi che hanno sancito la precarietà del lavoro e la deresponsabilizzazione delle aziende in tema di sicurezza.
Il 5° quesito promosso da molte realtà associative, vuole ridurre a 5 gli anni di permanenza necessari in Italia per avere la cittadinanza.
Qui l’intervento dell’avvocato Maurizio Borali, giuslavorista alla tavola rotonda del 15 maggio all’Associazione Lombarda dei Giornalisti, Milano.
E qui l’intervento, nella stessa occasione, l’intervento di Rahel Sereke del Comitato promotore del referendum sulla cittadinanza. Attivista, urbanista e politologa milanese, da anni è impegnata nella promozione dei diritti delle minoranze e nella lotta contro le discriminazioni.
I 5 REFERENDUM
1° quesito: licenziamenti illegittimi. Oggi chi viene licenziato e dimostra che il licenziamento è illegittimo, ha diritto a un risarcimento economico dal datore di lavoro, ma non al reintegro in azienda. Si vota sì affinché sia ripristinata la possibilità del reintegro al proprio posto di lavoro.
2° quesito: tutele nelle piccole imprese con massimo 15 dipendenti. Oggi, in caso di licenziamento illegittimo il lavoratore può ricevere un risarcimento economico pari al massimo a 6 mensilità. Si vota sì per eliminare il tetto e la somma viene stabilita dai giudici caso per caso.
3° quesito, norme dei contratti a termine. Oggi un datore di lavoro può assumere dipendenti con contratti a termine fino a un anno senza indicare un motivo specifico. Si vota sì per far tornare l’obbligo a dichiarare le motivazioni.
4° quesito, responsabilità degli infortuni sul lavoro. Oggi in caso di infortunio sul lavoro, l’azienda che ha appaltato il lavoro (committente) a un’altra azienda (appaltatrice) non è responsabile per le mancanze dell’appaltatrice in materia di sicurezza. Si vota sì per considerare attribuire le responsabilità anche all’azienda committente.5° quesito, regole per chiedere la cittadinanza italiana. Oggi i cittadini non-UE maggiorenni che studiano e lavorano legalmente in Italia per richiedere la cittadinanza italiana devono risiedere nel nostro Paese per almeno 10 anni consecutivi. Si vota sì per riportare questo requisito a 5 anni.